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Elizabeth von Arnim



Mary Annette Beauchamp (18661941), nota con lo pseudonimo di Elizabeth von Arnim, fu scrittrice, romanziera e diarista inglese. Nata a Kirribilli, sobborgo di Sydney, Mary, soprannominata May, era la più giovane di sei fratelli. Proveniente da una famiglia benestante, la piccola lasciò presto l’Australia per Londra, dove si distinse come scolara brillante e, in seguito, come studentessa. Al Royal College of Music seguì le lezioni del celebre organista Sir Walter Parratt e meditò per un breve periodo una carriera da musicista professionista. I genitori, tuttavia, preoccupati per il suo futuro di moglie, la accompagnarono in un viaggio attraverso l’Europa alla ricerca di un partito adatto. Fu così che, nel 1889 a Roma, conobbe il conte von Arnim, membro dell’aristocrazia prussiana, che due anni dopo divenne suo marito.


Questo matrimonio, che la allontanò dall’Inghilterra, segnò l’inizio della sua carriera letteraria e la scoperta di una dimensione poetica legata alla natura. Stabilitasi con il marito e i figli nel castello di Nassenheide, nella Prussia orientale, Mary Annette von  Arnim adottò lo pseudonimo di Elizabeth e pubblicò il suo primo romanzo autobiografico, intitolato Elizabeth and Her German Garden (1898). Il libro fu un successo straordinario: ristampato undici volte, fruttò all’autrice 10 000 sterline, vale a dire l’equivalente di mezzo milione odierni.


Tuttavia, il suo romanzo più celebre resta The Enchanted April (1922). Intriso dello stile di Jane Austen e di un tono satirico, il libro si apre con un annuncio sul Times: “To those who appreciate wisteria and sunshine. Small mediaeval Italian castle on the shores of the Mediterranean to be let furnished for the month of April. Necessary servants remain. Z, box 1000, The Times.” Riprendendo il motivo storico del Grand Tour (dell’Italia), elemento chiave nell’educazione degli aristocratici anglosassoni del XIX secolo, Von Arnim lo rielabora attraverso la lente dell’intimità, del rinnovamento interiore e del femminile. Al contempo, il romanzo attinge a una tradizione al limite del trope letterario, raffigurando l’Italia come luogo di bellezza esclusiva e fuga senza confini, in contrasto con la cupezza e la rigidità morale dell’Inghilterra post‑vittoriana.



Eppure, con The Enchanted April  e le sue numerose trasposizioni cinematografiche, inclusa la versione del 1935 di Harry Beaumont, acquistano senso le parole della biografa australiana Verna Coleman sulla giovane Von Arnim: “Talented, musical, small and pretty – definitely a girl from far away, even a girl from nowhere. This was the girl that was to become a tough minded Prussian aristocrat and dryly comic observer of European and English life.”



Quello sguardo tagliente, talvolta venato di humour britannico, valse a Von Arnim alcune critiche da parte di Irene ForbesMosse (18641946), grande amica di Vernon Lee. In una lettera all’autrice, scrive:


“Mary Von Arnim could have done an enormous lot of good with her books, not by preaching, but only if she had been a little tender and understanding. I once said to her ‘My dear, if I wanted to, I could also ridicule English things I saw in England” – she said “Why don’t you?’ ”


Ciononostante, sfruttando la nazionalità tedesca acquisita col matrimonio e la sua possibilità di spostarsi tra paesi neutrali e Germania, Lee e ForbesMosse, allora rispettivamente a Firenze e Monaco di Baviera, fecero di Von Arnim la loro messaggera. Il 4 agosto 1914, agli albori della Prima guerra mondiale, Lee scrisse così all’amica di nazionalità nemica: “Dearest – I am sending this to Countess Arnim to post (…) I must be able to hear from you, my dearie. It seems years ago since I heard (from you). Everything seems years ago.”


Dopo la morte del marito, nel 1910, Von Arnim si stabilì in Svizzera, a Montana, dove ricevette le lettere di Vernon Lee nel suo chalet Beau Soleil. Quel ruolo di corriere clandestina le si addiceva perfettamente, mentre continuava a scrivere romanzi sempre più critici verso un’Europa che giudicava invecchiata e, soprattutto, verso la condizione femminile, da lei considerata sorpassata.



In seguito a una breve relazione con lo scrittore H. G. Wells e un secondo matrimonio con il conte Francis de Russell, Von Arnim attinse senza esitazione alle proprie esperienze sentimentali per narrare – e smontare con finezza – gli ingranaggi matrimoniali. Influenzata dalla cugina Katherine Mansfield, Elizabeth iniziò a scrivere Vera nel 1920, romanzo che affronta temi di manipolazione psicologica e relazioni distruttive, riflesso del suo matrimonio con de Russell.



Sebbene quel matrimonio fosse un disastro completo, le permise di ottenere la cittadinanza britannica, un vantaggio rilevante per la scrittrice, divisa tra Londra e Montana in un’Inghilterra segnata da ostilità verso qualunque connotazione germanica. “According to the philosopher and family friend George Santayana – also past visitor of Il Palmerino – her chief motive for marrying an Englishman was to obtain British citizenship. Europe stood on the brink of the First World War, and in London a surname such as von Arnim was decidedly unwelcome”, osserva Gabrielle Carey, giornalista per il Sydney Review of Books.



L’unione, destinata al fallimento, si sciolse tre anni più tardi. Affranta, e come le sue eroine, Von Arnim cercò un clima più mite e si stabilì al Mas des Roses, una villa che fece allestire a Mougins, nel Sud della Francia. Tuttavia, la minaccia di guerra negli anni 1930 la spinse presto a emigrare negli Stati Uniti, dove faticò ad adattarsi. Per colei che era stata una giovane donna “venuta dal nulla”, il Nuovo Mondo non aveva nulla delle promesse, delle fantasie italiane e dei mesi incantati.



Elizabeth si spense il 9 febbraio 1941 a Charleston, Carolina del Sud.



Alan B.

 

 
 
 

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